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Negli ultimi 20 anni, con l’avvento dei social, la comunicazione è stata completamente stravolta. Oggi infatti non si può parlare di comunicazione digitale senza associare questo termine al lavoro di engagement che si svolge sui social network. La stessa parola Engagement, (intesa come “coinvolgimento e attaccamento emotivo del consumatore nei confronti di un brand o un servizio in relazione alla propria esperienza e quella di altri consumatori”) è stata riportata nel mondo dei social come quel potere che hanno determinate persone, cosidetti “influencer“, di attrarre su di esse interesse e allo stesso tempo di sfruttare questo sistema per trarne profitto. Oggi i social network sono definiti un “tool pubblicitario” (come dichiarato in un’intervista del 2022 anche dallo stesso Ed Sheeran per la promozione del suo album: “Instagram is a Promotional Tool!“), ossia uno strumento che serve esclusivamente per promuovere un bene o un servizio, sia che questo venga promosso dalla stessa azienda presente sui social o da altri profili (es. influencer) con un seguito di follower abbastanza elevato da garantire la giusta visibilità a quel dato prodotto e a quella azienda. Ma il potere dei social non è sempre stato tale.

I social network in origine sono nati con lo scopo unico di creare interazioni sociali tra i vari utenti sparsi sul web, e dal punto di vista della storia di internet sono la diretta evoluzione dei forum, ma a differenza di questi i social network hanno cambiato l’algoritmo di interazione, spostando l’interesse e dunque la discussione non più sull’argomento (topic) bensì sulla persona (user). Infatti i social network hanno messo al centro le persone, facendole uscire dal loro anonimato, e portando la loro centralità all’estremo. Siamo dunque passati dall’anonimato dell’utente medio dei forum, alla conversione dell’utente in persona fisica, con la condivisione delle proprie informazioni personali come avviene sui social. Col passare del tempo questa diffusione di dati personali (es. dati anagrafici, foto private, indirizzi e geolocalizzazione) ha dato vita a due particolari circostanze: la nascita dello strapotere dei social e l’ingresso a gamba tesa della pubblicità al loro interno.

Facebook, Instagram, Whatsapp

Meta, ossia l’azienda proprietaria di Facebook, Instagram, e Whatsapp nel 2020 ha fatturato 85,96 miliardi di dollari, e questo grazie solo agli introiti pubblicitari. Ma come è stato possibile? Nel 2020 Facebook contava 2.7 miliardi di iscritti, con una media di 800 iscrizioni al giorno. Questi dati rendono chiaro lo strapotere di una azienda che, attraverso il servizio del social network, è riuscita negli anni ad acquisire e immagazzinare i dati personali di miliardi di utenti nel mondo. Questa ricchezza, ossia i dati online, sono stati tramutati in introiti proprio grazie all’ingresso della pubblicità su Facebook e Instagram. Infatti le aziende che vogliono raggiungere possibili clienti fanno affidamento allo strumento di data analytics di cui Facebook è proprietario.

Prima che Facebook (Meta) introducesse la pubblicità sul sul sito nessuno si sarebbe mai sognato di pagare qualcuno con tanti amici per promuovere un prodotto o un servizio, anche perchè si sarebbe snaturata la funzione del social in sé, che era quella di connettere le persone e permettere loro di condividere la loro vita. Chiunque avesse inserito messaggi pubblicitari o promozioni nelle loro foto delle vacanze sarebbe stato visto come un alieno, un marchettaro, qualcuno che si è venduto l’anima per due soldi. Oggi invece fare pubblicità sui social è una cosa normalissima proprio perchè la natura anche aziendale del prodotto Meta è completamente cambiato. L’azienda di Zuckerberg ha incominciato a raccogliere abbastanza dati da potersi permettere di venderli, o di trasformarli in oggetto di interesse da parte di aziende e privati che volessero raggiungere quel dato target per vendere e promuovere i loro prodotti. E questo non gli ha dato ben pochi problemi, vedi il caso Cambridge Analytica nel 2018, dove la società di consulenza britannica attraverso il data mining, è riuscita a raccogliere i dati personali di 87 milioni di utenti senza il loro consenso utilizzandoli per scopi di propaganda politica. La raccolta dei dati degli utenti infatti è prerogativa del metodo di ottimizzazione della ricerca e conversione utente>cliente utilizzato da numerose aziende nel campo pubblicitario online. Esso consiste nella raccolta di: ricerche personalizzate, interessi, informazioni personali, conversazioni e tutto ciò che possa servire a raccogliere piu informazioni sui gusti e gli interessi dell’utente. Del resto, come disse Ugo Mattei: “quando un prodotto è gratuito il prodotto sei tu“. Ed è proprio così che funzionano oggi i social network, ma anche i motori di ricerca e i siti di streaming come ad esempio Youtube. Paghiamo tutto quello di cui usufruiamo condividendo i nostri dati personali e spendendo il nostro tempo a guardare pubblicità. La raccolta di informazioni personali dell’utente è diventato dunque elemento essenziale per la comunicazione pubblicitaria (sponsorizzate) ed ha fatto sì che gli algoritmi dei vari social e motori di ricerca si perfezionassero nel tempo per garantire sempre una maggiore interazione tra venditore e conversione da utente a cliente.

Come funzionano gli algoritmi dei social?

Per algoritmo si intende quella sequenza di istruzioni automatizzata (procedura automatica) che utilizzano i siti web per risolvere un problema o raggiungere un determinato obiettivo L’algoritmo di Instagram ad esempio si basa sui feed, ossia una sequenza di informazioni che determina l’ordine dei post che gli utenti visualizzano quando scorrono la loro bacheca. L’algoritmo calcola i post e i video su cui interagiamo (con like, commenti, condivisioni) e quelli su cui ci soffermiamo. Per quanto riguarda i video è in grado di riconoscere anche quanto tempo ci soffermiamo (se il video viene visualizzato tutto o fino un certo minutaggio) o se viene rivisto più volte. Questo permette all’algoritmo di capire quali sono i nostri interessi e sulla base delle keywords (parole chiavi), la descrizione (caption) e gli hashtag, ci consiglia dunque ci reindirizza a contenuti simili o familiari. Tra questi contenuti ovviamente hanno la priorità quelli che hanno ricevuto più interazioni, ossia quelli che hanno più like e più visualizzazioni totali, e che vengono fissati nella bacheca dell’utente.

Ecco gli elementi più importanti su cui lavora l’algoritmo di un social:

  • Informazioni sul post: l’algoritmo rileva il luogo e la data di pubblicazione di un post e la velocità con cui esso diventa virale, ossia acquisisce maggiori like per visualizzazione totale.
  • Profilo di pubblicazione: l’algoritmo, sulla base dei follower totale di un profilo, riesce a far girare in modo più rapido un contenuto. Per questo motivo i profili con molti follower hanno interazioni più rapide rispetto ai profili più piccoli.
  • Interessi dell’utente: L’utente che ha determinati interessi inseriti nella sua descrizione (ad es. su facebook) o sulla base dei contenuti che lui stesso pubblica (e le parole chiavi utilizzate nei suoi post) viene indirizzato maggiormente su quei contenuti che più a lui si avvicinano.
  • Engagement: Si tratta di tutte le interazioni lasciate da un utente. Quanti like e quanti commenti sono stati lasciati su un post, quante volte il post è stato visualizzato o condiviso o nel caso di video quanto tempo l’utente è rimasto su quel post, ossia quanti minuti totali di visualizzazione ha ricevuto. Nel caso di visualizzazioni ripetute il contenuto viene riconosciuto come di maggior interesse dall’algoritmo.

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